Moana Pozzi

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Una donna, una leggenda. Inutile nasconderlo, Moana Pozzi, la pornostar più famosa di tutti i tempi (insieme a Ilona Staller, alias “Cicciolina”), è diventata, grazie alla sua classe e alla sua indubbia intelligenza, non solo un’icona dell’erotismo ma anche una donna da ammirare per il suo coraggio e la sua spregiudicatezza morale ed intellettuale. Tanto da farne, paradossalmente, quasi il simbolo di un nuovo modello di femminismo. Questione di punti di vista, naturalmente. Non c’è dubbio, comunque, che Moana Pozzi abbia incarnato il tipo di donna misteriosa e sensuale capace di far perdere la testa agli uomini, esercitando un indubbio potere, un’influenza ammaliante su chi la circondava. C’è anche chi si è arrovellato sull’origine del suo nome, arrivando ad ipotizzare che fosse una traslitterazione dall’inglese “to moan”, che significa “gemere”. In realtà, “Moana”, scelto dai genitori rifacendosi a luoghi mitici cercati sull’atlante geografico, significa semplicemente, in lingua polinesiana, “il posto dove il mare è più profondo”. Un nome, ad ogni modo, su cui molti hanno ricamato leggende intorno alla “diversità” congenita della bionda attrice, sul suo irrimediabile destino di emarginata (per quanto famosa, una pornostar non è mai realmente accettata dai benpensanti). Invece la vita di Moana, a dispetto delle apparenze, è sempre stata quanto mai lineare e serena, nella sua “anormalità”. Persino la morte improvvisa e prematura non ne fa un’eroina “maudite”, ma la trasforma in un’icona da venerare con malinconia e rispetto. Nata in una famiglia genovese cattolicissima (il padre ingegnere, lavorava in un centro di ricerca nucleare mentre la madre era una semplice casalinga), Moana Pozzi studia presso un istituto delle suore Marie Pie e Scolopie. Frequenta il liceo scientifico e studia per sei anni chitarra classica in conservatorio. A diciotto anni, già ragazzona alta e formosa con un sorriso disarmante, è in cerca di libertà e trasgressione: sente il bisogno di sganciarsi dall’ambiente per lei troppo formale della sua famiglia. Comincia a partecipare a concorsi di bellezza, posa nuda per pittori e fotografi e si trasferisce a Roma per frequentare gli ambienti del cinema. I genitori rimangono traumatizzati quando scoprono che la figlia gira pellicole erotiche. La loro reazione iniziale è drastica e arrivano a rompere qualsiasi rapporto con lei per un anno. Fortunatamente, passato il periodo di choc, la frattura si ricompone e anzi padre e madre si prodigheranno, quando si presenterà la necessità, in aiuti, supporti morali e materiali. Anche se la scelta di Moana non sarà mai da loro del tutto accettata (vani, in particolare, i continui tentativi del padre di farle studiare teatro). Intanto il nome di Moana Pozzi comincia a farsi notare nell’ambiente. Non solo in quello dell’hard, ma anche in quello più istituzionale. La sua vèrve e il suo carisma le permettono di affrontare tranquillamente le sempre più numerose apparizioni televisive, in cui viene sempre chiamata con lo scopo di aggiungere un po’ di “pepe” al condimento generale e generalista. Nel 1981 lavora a Raidue per la trasmissione per ragazzi “Tip Tap 2″, mentre un paio di anni dopo ottiene qualche comparsata in film “normali”. E’ la ragazza che esce nuda dalla vasca di Manuel Fantoni in “Borotalco” di Carlo Verdone; appare addirittura in “Ginger e Fred” (1985) di Federico Fellini. Il 1986 è l’anno dell’esplosione come pornostar. Entra nella nota scuderia di Riccardo Schicchi e gira numerosi film che producono incassi da capogiro. Il genere di mercato ormai è quasi totalmente orientato all’home video, e così Moana entra nelle case di milioni di italiani. Nel 1987 conduce insieme a Fabio Fazio “Jeans 2″ su Raitre, programma pomeridiano per ragazzi. La Federcasalinghe va su tutte le furie e costringe Moana Pozzi a ritirarsi. Passano pochi mesi e Antonio Ricci la ingaggia per “Matrjoska”, in onda su Italia 1. Viene registrata una puntata in cui Moana compare completamente nuda: ancora polemiche, grida di censura e la trasmissione viene sospesa. Ricci cambia allora il titolo del programma in “Araba fenice” e riesce a far trasmettere Moana come valletta nuda, che diventa, manco a dirlo, un personaggio nazionalpopolare, oggetto di dibattiti ed editoriali, nonché di analisi da parte di intellettuali e scrittori, polemisti ed editorialisti. Tutti a sottolinearne la bellezza, il suo ruolo di fenomeno di costume ma anche la sua classe, la sua totale mancanza di volgarità nel porsi. Per molti è la donna ideale: dolce, attenta ma anche decisa e all’occasione dominatrice. Il 1991 è l’anno di un altro scandalo, conclusosi con uno dei casi di censura occulta più incredibile dei nostri giorni. Esce infatti quella sorta di memoriale che è “Filosofia di Moana”, un libro della pornostar in forma di dizionario. E’ una carrellata di pensieri, gusti e inclinazioni, ma soprattutto di descrizioni di relazioni con uomini famosi “conosciuti da vicino”, che fa molto scalpore. Moana non si esime dall’elargire delle vere e proprie pagelle relative alle rispettive qualità amatorie di cantanti, attori e comici: nessuno è risparmiato, tanto meno qualche politico che con Moana ha avuto commercio più o meno lecito. Il libro a tutt’oggi è introvabile. Nello stesso anno sposa a Las Vegas Antonio Di Ciesco, suo ex autista, a quanto sembra l’unico uomo che è stato capace di tenerla legata a sé. Sempre nel 1991 Moana Pozzi realizza insieme a Mario Verger un film d’animazione intitolato “Moanaland”, che insieme a “I Remember Moana”, dopo esser stato presentato al Palazzo delle Esposizioni e raccogliendo l’attenzione di Enrico Ghezzi per “Blob” e “Fuori Orario”, fu l’unico cartoon premiato con la Menzione speciale all’International Erotic Film di New York. Oggi le due pellicole, conservate in Rai, sono un vero piccolo cult per gli ammiratori di Moana. L’anno dopo è la volta della sua prima avventura “politica”: si presenta alle elezioni politiche con il Partito dell’amore, sorta di “braccio politico” dell’agenzia Diva Futura di Schicchi. L’operazione fallisce, ma il tasso di celebrità balza alle stelle. Moana Pozzi è ormai una macchina che produce denaro. Compra un attico da due miliardi a Roma, vive una vita all’insegna del lusso e della ricchezza. Nel 1993 lo stilista Karl Lagerfeld la fa sfilare in passerella a Milano. Gli stilisti si infuriano, ma lui replica: “Le donne si muovono come Moana, mica come una top model”. Sabina Guzzanti ne fa un’imitazione spassosa ad “Avanzi”. E’ l’apoteosi. Il 17 settembre 1994 arriva la notizia terribile: Moana Pozzi è morta il giorno 15 in una clinica di Lione per un tumore al fegato. I funerali vengono svolti in forma privata, nessuno riesce a fotografare il corpo. Subito si scatenano le ipotesi più svariate: Moana sarebbe ancora viva, ma non vuole che qualcuno la ritragga moribonda e mette in atto un’uscita di scena anticipata; altri sostengono invece che si sia ritirata dalle scene fuggendo in India. Di certo c’è solo la battaglia legale tra i genitori e il marito per l’eredità miliardaria. Spunta un testamento olografo senza firma, quindi non valido. L’appartamento dell’Olgiata viene svaligiato da ignoti e rimane da allora disabitato. I fan non la dimenticano. I suoi video continuano ad essere tra i più venduti e sui muri di Roma compaiono scritte e graffiti in sua memoria. Finita la storia, inizia la leggenda di Moana, la donna che ha sdoganato il porno. A 10 anni dalla sua scomparsa è uscito il libro illustrato “Moana” (2004, di Marco Giusti), un volume-diario che ripercorre con immagini, documenti e dichiarazioni la vita di questo personaggio scandaloso e contraddittorio. E’ anche un viaggio nel mondo del porno visto con gli occhi della sua protagonista più eccellente, nonché uno sguardo indiscreto sulla vita privata dei tanti personaggi dello spettacolo e della politica che non hanno saputo resistere al suo fascino. Nel febbraio del 2006 alla trasmissione tv “Chi l’ha visto” (RaiTre) Simone Pozzi, fino ad allora ritenuto fratello di Moana, ha affermato di essere il figlio. Nell’occasione ha aggiunto di avere maturato la decisione di dichiarare la sua identità e di raccontare la vicenda in un libro dal titolo “Moana, tutta la verità”. Ma il mistero che aleggia intorno alla sua morte, ma in generale anche a tutta la sua vita, non finisce: nella primavera del 2007 il marito Di Ciesco, confessa che per volere della moglie, alla quale era stato diagnosticato un tumore al ritorno dall’India, non volendo soffrire gli chiese di far entrare piccole bolle d’aria nella sua flebo. I dettagli saranno raccolti e pubblicati in un libro scritto dallo stesso Antonio Di Ciesco.

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